La foto pubblicata è abbastanza esaustiva e non necessita di alcun commento: in un contesto arido e
spoglio va in scena l’inaspettato balletto tra l’Uomo e la Macchina. Il potente braccio meccanico
estrae con precisone enormi blocchi di pietra mentre Gaetano, questo il nome del personaggio che
campeggia in posizione centrale, non appare per nulla intimorito dalla grande benna che lo sovrasta:
al contrario, con naturale indifferenza, piuttosto che sentirsi sopraffatto, dà l’impressione di
controllare ed orientare i movimenti del potente mezzo.
L’intera scena, pur nella scabrosità del luogo, lascia trapelare una simbiotica armonia uomo-
macchina ed il lavoro del cavatore di pietra in una cava dell’Altopiano Petrosiano può assurgere a
paradigma dell’annoso dibattito intorno al rapporto dell’individuo con la tecnologia.
L’antica filosofia greca con il termine Àntropos indicava l’essere umano, mentre con Téchne
intendeva l’arte del saper fare: con il termine Technologìa, di conseguenza, veniva individuata la
ricerca di strumenti atti al saper fare. Mi auguro che sia ancora così e che, in quanto denominatore
comune dei tre significati, l’uomo venga considerato l’essere preminente dell’agire, l’Artifex
creativo nelle cui mani si ricompone il delicato equilibrio del processo vitale: il vitalismo del
microcosmo esistenziale che, di volta in volta, tende ad integrarsi con l’ansia produttiva del più
ampio macrocosmo del contesto sociale. L’essere umano, immutabile e sempre uguale a se stesso, è
chiamato a misurarsi con la costante mutevolezza di nuovi strumenti di lavoro che, se non
padroneggiati, ne minaccerebbero la creatività o, addirittura, la dignità.
Il delicato problema del rapporto con la tecnologia è emerso fin dagli albori della storia: da quando,
cioè, l’uomo ha cominciato a dotarsi dei primi utensili per potenziare o alleviare il proprio lavoro.
Un tema accentuatosi a seguito del vorticoso processo di industrializzazione del ventesimo secolo e,
oggi, reso ancora più attuale dall’avvento delle sofisticate tecnologie legate alla cosiddetta
Intelligenza artificiale.
Sempre più spesso, si sente parlare di realtà virtuale, realtà aumentata o, anche, di realtà ampliata:
ho l’impressione che si tratti, ormai, di un processo inarrestabile e che, l’intelligenza artificiale sia
uno strumento formidabile dalle prospettive inimmaginabili. Tuttavia, sono convinto che, come
ogni altro strumento, anche questo nuovo mezzo può risultare buono o cattivo a seconda dell’uso
che ne viene fatto e che necessiti di una intelligenza razionale che gli dia forma, lo diriga e lo doti
dei contenuti necessari per operare positivamente.
Ancora una volta l’Àntropos, dotato di libero arbitrio e portatore di un corposo bagaglio di valori e
conoscenze, assume quel ruolo di centralità che dovrebbe renderlo artefice del proprio agire: forse,
sarebbe opportuno l’avvento di un nuovo Umanesimo capace di elaborare un sistema valoriale in
grado di impedire che il progredire della scienza e le innovazioni tecnologiche travolgano il fragile
equilibrio sociale e culturale maturato nei secoli.
È l’auspicio di un futuro in cui la Realtà Reale continui a prevalere sulla Realtà Virtuale e, come
Saint- Exupery fa dire alla Volpe nel Piccolo Principe: “…gli uomini non hanno più tempo per
conoscere nulla. Comprano cose già fatte nei negozi. Ma, siccome non esistono negozi che vendono
amici, gli uomini non hanno più amici. Se vuoi un amico, addomesticami”.