Perugia è innamorata (Parte 1)

Sì. Perugia è una città innamorata. Di chi? Di cosa? Di te e del futuro, naturalmente. Ovvero di cose che stanno molto a cuore anche a FrequenzaFuturo, che di Perugia, e di ciò che questa città rappresenta per tutta l’Umbria, ha voluto parlare con Andrea Stafisso. Andrea è assessore del Comune di Perugia con deleghe strategiche: Sviluppo economico sostenibile, commercio e artigianato, smart city e innovazione tecnologica, transizione digitale, rapporti con università, e istituti di alta formazione. Tanta roba.

Sì. Perugia è una città innamorata. Di chi? Di cosa? Di te e del futuro, naturalmente.  

Ovvero di cose che stanno molto a cuore anche a FrequenzaFuturo, che di Perugia, e di ciò che questa città rappresenta per tutta l’Umbria, ha voluto parlare con Andrea Stafisso. Andrea è assessore del Comune di Perugia con deleghe strategiche:  Sviluppo economico sostenibile, commercio e artigianato, smart city e innovazione tecnologica, transizione digitale, rapporti con università, e istituti di alta formazione.

Tanta roba. Ed eccoci, allora, intorno ad un tavolo. Fuori è settembre 2024. Come FrequenzaFuturo ci presentiamo agguerriti, siamo in 7: Rolando e Tancredi Boco, Roberto Conticelli, Spartaco Gabellieri, Davide Mollica, Simone Ricci, Marco Schippa. Vicino a noi c’è Andrea, ed è ispirato. Il futuro che ha disegnato in questo incontro te lo raccontiamo in due parti. Questa è la prima.  

 

FrequenzaFuturo: A “FrequenzaFuturo” interessa il futuro. Ogni futuro, e soprattutto quello di Perugia, ed anche dell’Umbria. La prima domanda è questa: un assessore comunale che si occupa dello sviluppo economico e della trasformazione digitale, in realtà, quali strumenti ha a disposizione per incidere veramente sul territorio? 

Andrea Stafisso:  Anzitutto grazie mille per questo invito, perché penso che nel nostro territorio ci sia la necessità di approfondire le prospettive della città di Perugia, che sta diventando sempre più un’area interna, caratterizzata da una situazione – nei fatti e nei numeri – di stagnazione economica, dove sono presenti però, anche alcune eccellenze in grado di seguire una loro strada di crescita a prescindere dall’ecosistema produttivo industriale del nostro territorio.

Dunque, vengo alla domanda, quali strumenti? Un Comune, anche un Comune capoluogo, ha strumenti limitati per intervenire in maniera diretta, diversamente dalla Regione che ha una capacità finanziaria più forte. Tuttavia, un Comune ha una peculiarità sulla quale deve far leva, che è quella di essere molto prossima alle persone, al territorio, alle imprese.

Questo cosa vuol dire?  Vuol dire che il Comune deve cercare di favorire l’integrazione, l’incontro delle realtà che sono sul territorio, facilitare l’individuazione di possibili opportunità e mettere al servizio, anche di diversi operatori economici, le piattaforme digitali in grado di semplificare i processi e i procedimenti, ed inoltre deve offrire una visione. Dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, la cosa fondamentale è proprio riuscire a fare sempre più sistema. Ovviamente come fare sistema, è la domanda da un milione di dollari. Prendiamo ad esempio i grandi gruppi del lusso francese, Kering, LVMH, e ci chiediamo: ma come mai sono nati in Francia, e non in Italia? E la risposta tendenzialmente è sempre “perché là hanno saputo fare sistema!”. E allora bisogna andare oltre e chiedersi: perché loro sanno fare sistema e noi no? Questa è la vera questione. A dire il vero ci sono anche realtà italiane che sono riuscite a fare sistema. Cito due esempi su tutti, il Superski Dolomiti che è un insieme di comprensori montani che integrandosi hanno efficientato la loro offerta migliorandola e rafforzando moltissimo anche quello che è la capacità di lavorare sul branding territoriale. E l’altro esempio è il Consorzio del Parmigiano Reggiano. Tanti produttori si sono messi insieme, si sono integrati e sono riusciti a creare un marchio molto caratterizzato sul loro territorio che riescono a promuovere in tutto il mondo. Ora, perché ce l’hanno fatta?

I sociologi, vedi Putnam, parlano di capitale sociale presente nelle diverse comunità. E questo, il capitale sociale, si sviluppa per diversi fattori come quelli storici, geografici, morfologici. Ad esempio,  se tu vivi in pianura è più facile fidarti degli altri, perché io conosco chi ho davanti, e si sviluppa maggiore capacità di collaborazione e quindi desiderio di fare squadra. In altre parole, ci si fida di più. L’aspetto della fiducia è un elemento centrale che determina la produttività di un’area o di un sistema di imprese. La fiducia, come insegnano i corsi base di economia e management, è il primo elemento di produttività di un settore industriale, produttivo, economico. Se io mi fido degli altri io credo in me stesso e investo. Se io mi fido di te faccio business con te. Se mi fido delle istituzioni ho un contesto nel quale io sono pronto ad assumere il rischio d’impresa. Quindi bisogna lavorare sulla fiducia dando l’esempio. Un Comune che si fida dei cittadini, che è vicino a chi investe e lavora, semplificandogli la vita con servizi accessibili e con la trasparenza dei processi decisionali, costruisce fiducia. Quindi aiutare a fare squadra, cercando di stare al fianco di chi cerca di investire ascoltandolo, cercando di condividere quelle che possono essere le opportunità in quanto siamo prossimi alle realtà del territorio. Aggiungo un ulteriore elemento che dobbiamo legare al fare rete, e che troppo stesso non viene sottolineato, che è la specializzazione tematica. Io credo profondamente al fatto che un’area come l’Umbria, e il capofila Perugia, che ancora non è bene integrata nelle direttrici dello sviluppo economico nazionale e internazionale, direttrici infrastrutturali materiali e immateriali, se non riesce a caratterizzarsi per qualcosa che la rende eccellente, difficilmente riuscirà ad avere un vantaggio competitivo. Se mi specializzo su qualcosa in cui riesco ad essere eccellente, riesco ad attrarre capitale, know-how, competenze. Questo attiva una spirale virtuosa di sviluppo anche oltre l’ambito tematico che scegliamo. Concludendo, il Comune non può finanziare direttamente, ma può aiutare e facilitare l’incontro e l’integrazione nel fare rete, da un lato, e dall’altra favorendo la ricerca di specializzazioni tematiche.

FrequenzaFuturo: Quindi praticamente si traduce in una incitazione, diciamo così, quasi ad un’azione pedagogica nei confronti dei cittadini? 

Andrea Stafisso:  Non direi pedagogica ma di facilitazione. Il Comune ha un patrimonio di dati sull’ecosistema urbano, che sono raramente disponibili. I principali studi, come quelli della Camera di Commercio, ad esempio, tendenzialmente sono studi a livello provinciale. Quindi, già condividere elementi, informazioni e dati sul tessuto produttivo offre un elemento importante per chi intende investire nella città, e parlo ovviamente non solo di settore industriale, che comunque ha uno sguardo più ampio, ma io penso anche al mondo dell’artigianato e del commercio.  Dare informazioni, ad esempio, sul tessuto demografico ad un ragazzo che vuole aprire un’attività artigianale o che vuole aprire una pizzeria, sapere qual è l’area del territorio su cui c’è meno concorrenza, c’è meno offerta o più domanda, ecc. sono elementi che ti consentono di prendere decisioni più accurate e lavorare meglio. Poi, su aree come il centro storico favorire una caratterizzazione di spazi, di aree, aiuta l’aspetto della specializzazione. Non è un discorso proprio pedagogico, anzi è più un discorso di condivisione di informazioni e di visioni su aree della città su progetti di rigenerazione urbana. Quindi se io ho in mente una certa progettualità di riqualificazione di un’area, vado a definire quell’area nella sua natura, perché se ci metto uno studentato, oppure un acceleratore, oppure un centro commerciale cambia inevitabilmente la natura di quell’area.

FrequenzaFuturo:  Su due parole vorremmo soffermarci: cambiamento e condivisione.

Sul “cambiamento” lei coglie nel segno, l’economia umbra ha molti elementi negativi perché non riesce a dialogare bene né con la popolazione umbra né tantomeno con l’esterno, nonostante alcune eccezioni. Il vero problema è l’occupazione, perché quando noi pensiamo ai grandi concentrati industriali francesi, quelli integrano francesi! Da noi basta fare un percorso di conoscenza all’interno dei distretti aerospaziali e vediamo che i dirigenti, gli ingegneri non sono umbri. Allora emerge un dato evidente legato alla didattica, all’università, ad un canale da avviare perché altrimenti noi creiamo posti di lavoro, ma gli umbri dove vanno?

L’altra parola è “condividere”. E lì ha ragione, perché un modo può essere fornire dati, fornire informazioni, fornire know how a coloro che cercano professioni per la propria vita, la strada da seguire. Che non necessariamente deve essere in Umbria, può essere anche fuori. Nella valutazione dell’economia gioca un ruolo fondamentale la nostra Università che è molto concentrata su Perugia. Siamo una regione di 800mila abitanti. Dovremmo avere aule universitarie ad esempio a Costacciaro. Avere una facoltà di speleologia a Costacciaro ci risolverebbe forse un problema relativamente ad una zona che noi consideriamo depressa, con la possibilità di attrare giovani. Siamo ancora irregimentati in uno schema didattico culturale che dovremmo forse superare. 

Andrea Stafisso: Allora, parto da una cosa pratica e concreta, il tema dell’offerta di lavoro. Noi abbiamo nel nostro programma, che il 9 settembre abbiamo illustrato in piazza del Bacio durante il Consiglio aperto, il patto per il lavoro.

Il patto per il lavoro è uno strumento a cui ci siamo ispirati da altre esperienze di comuni italiani importanti, e riformulato per la realtà di Perugia. E prevede l’impegno del Comune nel mettere attorno al tavolo i soggetti che si occupano di politiche attive in un unico luogo, fisico o virtuale che sia, in cui però ci sia una condivisione di informazioni e necessità, creando un coordinamento costante. Dall’altro lato c’è il tema della formazione. Quindi metto a sistema quello che è la raccolta delle esigenze, ma devo mettere a sistema anche quella che sarà l’offerta. Non è un caso che la mia delega allo sviluppo economico sia declinata su tre aree principali come il commercio e artigianato, che sono un pezzo del nostro sviluppo; la transizione digitale e l’innovazione, che è il fattore abilitante dello sviluppo in termini di certificazione, di contaminazione, in termini di nuove opportunità e usability digitali; e il terzo fondamentale asset è quello dell’alta formazione e quindi del capitale umano. La gestione del rapporto con le nostre Università e con gli altri enti di formazione è difatti una colonna di questa triade che concorre allo sviluppo economico. Quindi avvicinare la formazione al mondo del lavoro. Le Università hanno la loro autonomia, fanno già questo lavoro, quindi noi quello che possiamo fare è facilitarlo, mettendole in sinergia. L’Università e l’alta formazione sono importanti non solo perché formano e sviluppano capitale umano, che è un elemento di competitività per una economia matura come la nostra ma per Perugia sono importanti perché il sistema di alta formazione è il vero fattore di attrattività del nostro territorio. L’identità della città, dal mio punto di vista, è sicuramente quella di una città culturale, sicuramente quella di città universitaria prima ancora che città dei servizi e turistica che è un ambito di sviluppo fondamentale, su cui dobbiamo assolutamente investire, su cui stiamo investendo tanto, ma… noi siamo anzitutto cultura e Università. Quello che è il mare per la Costa Smeralda, per noi sono l’Università e l’alta formazione. Il nostro obiettivo è di mettere in comunicazione quanto più possibile questo ecosistema di alta formazione con la città. Su questo ho notato un bello spirito collaborativo, nel rispetto assoluto ovviamente dell’autonomia sacrosanta degli atenei e degli istituti dal punto di vista di guida dello sviluppo scientifico, della didattica e della ricerca. La collaborazione può avvenire sui servizi agli studenti, la promozione territoriale congiunta e tanti altri ambiti. Quindi su aspetti che possono caratterizzare il nostro intero territorio. E vengo al tema che mi riporta a quello che dicevo prima. Volendo andare incontro e reinterpretando la storia di un territorio possiamo costruire il futuro di quel territorio, non snaturando la sua identità. Se guardo alla Regione, ogni area della nostra regione ha al suo interno, secondo me, delle peculiarità che può sfruttare in maniera competitiva, in grado di produrre valore aggiunto. Penso al ternano e alla sua storia industriale che Perugia non ha. Ecco, quella è una realtà da valorizzare reinterpretandola. Non so se tra 150 anni si produrrà l’acciaio o che altro, però va reinterpretata quella natura. Perugia ha cultura e università, oltre manifatture d’eccellenza ecc., sto semplificando, ovviamente, però su quello devi puntare. Quindi io credo che le Università, tutte, gli istituti di alta formazione, tutti, debbano interagire e integrarsi con le specificità del territorio. Va fatto questo, più che spostare la didattica, secondo me è utile avvicinare ai territori i centri di ricerca in base ai diversi ambiti di specializzazione. Le nostre università ovviamente devono essere un patrimonio del territorio di tutta la regione, una regione che sia sempre più integrata tra le sue diverse parti valorizzando le specificità di ogni comunità e luogo. Proprio perché non siamo più agganciati alle grandi direttrici di sviluppo che possiamo e dobbiamo collaborare tra di noi perché altrimenti siamo tagliati fuori. In sostanza per me da un lato c’è questo tema di mettere in contatto, come prevede il patto per il lavoro, chi si occupa di politiche attive per agevolare questa integrazione e creando le condizioni per nuove opportunità di lavoro dignitoso. Dall’altro dobbiamo rafforzare la relazione con l’Università e l’alta formazione mettendoci al loro fianco per riuscire ad integrare e rafforzare la loro azione.

FrequenzaFuturo incontra l’assessore di Perugia Andrea Stafisso

FrequenzaFuturo: La nostra regione sta vivendo un calo abbastanza significativo dell’imprenditoria così come si sta restringendo a livello nazionale. Sono tante le aziende che chiudono, solo in parte compensate da nuove Partite IVA che si avviano. È molto interessante il discorso che lei ha fatto riguardo all’alta formazione, al tipo di rapporto che vuole avere con la Regione, sempre nell’autonomia, ovviamente, della scuola, dell’Università. Però dovrebbe esserci da parte della Regione anche la capacità di creare un vestito nuovo sul rapporto che c’è verso l’alta formazione. Per inquadrarla noi dobbiamo sapere prima qual è il nostro scopo, qual è il nostro obiettivo. E il nostro problema è la diminuzione delle aziende, la moria degli imprenditori, fermo restando che comunque ci sono sempre quegli imprenditori che hanno successo, per un gioco dei numeri… ovviamente gli imprenditori nascono dappertutto anche senza bisogno di formazione da parte di enti proposti. Ecco, anche in assenza di questo, gli imprenditori nascono, in maniera del tutto casuale, anche non avendo ricevuto il giusto aiuto. È tuttavia strategico andare a capire come può l’ente pubblico aiutare a formare una nuova classe imprenditoriale, in grado di essere altamente connessa, ovviamente, con tutti, ma soprattutto in grado di appoggiarsi sulla conoscenza. La conoscenza è sia verticale sia orizzontale. Noi stiamo prediligendo negli ultimi decenni quella orizzontale, ossia quella della specializzazione. Ci hanno insegnato che più ti specializzi e più hai possibilità di successo, per poi arrivare in un mondo altamente competitivo dove dai 10.000 € che potevi prendere un tempo, ora a malapena arrivi a prendere 1.500 €. Questo perché la specializzazione è entrata in un sistema altamente competitivo. Quello che invece produce sempre  un grande valore è la conoscenza verticale, quella che va a fondo nei problemi, dove nessuno può realizzare lo stesso livello, perché varia in base alla persona. La formazione del nuovo imprenditore dovrebbe essere basata anche su questo. Dare quegli strumenti di conoscenza che sono profondi, e le Università sanno quali sono, e che sono in grado di far camminare l’imprenditore in maniera del tutto indipendente. L’imprenditore che emerge dallo studio, dalla ricerca. Quindi dovremmo lavorare per caratterizzare la nostra regione anche in questo aspetto, unico probabilmente al mondo. Per formare l’imprenditore che sa camminare “bene” in qualunque situazione. Un conto è avere 10 imprenditori bravi, ma quando ne cominci ad avere 100, 200, 300 di questo tipo, con questo tipo di formazione, le cose possono cambiare davvero.

Andrea Stafisso: Per quello che sto sperimentando, le Università e l’alta formazione si stanno impegnando in tal senso per diffondere la cultura del mettersi in gioco, per intraprendere un percorso di imprenditoria, di autoimprenditorialità. Ma badate, io torno all’elemento della fiducia. Cioè noi siamo nel Paese del fidarsi è bene, non fidarsi è meglio! Se io non mi fido, non mi assumo il rischio d’impresa. E aggiungo un’altra cosa, lo stigma del fallimento. L’impossibilità di fallire senza marchiare a vita, l’impossibilità di essere bocciato senza essere etichettato. Nonostante questi elementi, diciamo antropologici, sociologici, noi abbiamo un certo livello di propensione all’imprenditoria ma poi ci blocchiamo. Questo è un problema culturale da affrontare. Credo che il primo passo sia averne consapevolezza e devo dire, per quello che ho visto, mi sembra che i soggetti che dicevamo prima hanno questa consapevolezza e ci stanno lavorando in varie forme, anche nel corso della didattica con grande sforzo.

Può fare qualcosa il Comune? Secondo me sì. Spiego perché. Da quella che è la mia esperienza, l’anello debole non è l’incubazione o il far nascere startup. L’anello debole è far diventare la startup  un’impresa. Quindi il problema è lo step successivo, l’accelerazione non è tanto l’incubazione. Tutte le fasi sono importanti, per carità. Ma io penso che il traino che può spingere i ragazzi ad investire e a crederci è vedere che quelle startup, che ti nascono attorno, diventano poi imprese.

Cosa può fare l’ente comunale? Cercare nelle varie forme possibili e immaginabili di supportare l’accelerazione. Ce l’abbiamo un acceleratore di startup a Perugia? Che porta fondi,  investimenti, know how, competenze eccetera? No. Quindi se qui nascessero startup e poi vanno ad accelerare fuori, dove arrivano i finanziamenti, il know-how, la rete, alla fine al territorio resterebbe ben poco. Mi sembra che non ci interroghiamo mai su come far nascere una piattaforma di accelerazione, perché in realtà un imprenditore diventa tale, non quando sei una startup, ma quando sei diventato un’impresa. Quindi, dal mio punto di vista tutte le azioni che il Comune può mettere in pista per favorire questo dovrebbe provare a introdurle e badate che questo va fatto sempre seguendo i due assi portanti già descritti: facendo rete e con specializzazione tematica. La rete mette a sistema competenze e risorse e si specializza in maniera tematica. Il Comune può facilitare questo? Penso di sì, anzitutto diffondendo questo messaggio con la consapevolezza e supportando le iniziative che vanno in questa direzione. E quindi un giovane che vede casi di successo, che vede l’esempio positivo, probabilmente è più stimolato a provarci anche lui stesso.

 

FrequenzaFuturo:  È chiaro che nel valore della figura imprenditoriale intervengono anche elementi costitutivi della persona. Chi potrà essere tra questi cento bambini, il grande imprenditore del domani? E chi lo sa? Giocano tanti fattori che non si possono conoscere. Però ovviamente l’educazione può contribuire a questo. Dove si insegna ad esempio a farcela da soli, ovviamente nel rispetto degli altri, e non a fare strage di tutti, dove solo il più forte vince. Ecco, questo forse è interessante come corso da seguire. Certamente non è facile, perché ci sono ovviamente tante paure. C’è la paura di modificare, di entrare in quelle che possono essere le scelte future della persona. Però su questo dobbiamo anche interrogarci, perché se noi abbiamo questo patrimonio di imprenditori che hanno caratterizzato la nostra regione, da cosa sono venuti fuori? Come sono venuti fuori e che tipo di carattere hanno fondamentalmente? Hanno il coraggio, cioè di fronte alle difficoltà si sanno riprendere, non hanno paura di fallire, vanno avanti comunque.  Ad esempio, quel problema del fallimento che lei ha toccato prima è secondo noi molto importante e rivela quelle che sono le gabbie in cui noi viviamo. Negli Stati Uniti, il fallimento non è un problema. Il fallimento fa parte della vita. Per noi invece no. Allora bisogna capire come sia possibile andare a rimuovere quel punto di vista. L’imprenditore di successo della nostra regione, sì, ha paura di fallire, ma non è una cosa determinante per impedirgli di avanzare, perché la sente dentro di sé quella cosa.  Allora lo scopo anche di questa ipotetica missione della nostra regione è quella di riuscire a superare queste barriere che ci sono. Aiutare se e dove è possibile.

Andrea Stafisso:  Parlando del Comune di Perugia possiamo parlare di due livelli. C’è un livello molto concreto, che è quello di dare servizi, e questo è l’obiettivo per quanto concerne l’innovazione digitale. Non solo erogare servizi su bisogni di oggi, ma anche su potenziali bisogni di domani, ad esempio con i dati che ho posso rielaborarli e condividerli per dare nuovi servizi. Allora c’è un aspetto concreto, dare dei servizi e semplificarli, renderli accessibili, comunicarli. È sempre meglio uno in meno, ben comunicato e semplice che uno in più che nessuno sa che esiste e che è poco accessibile. E sempre restando sul concreto mettere insieme, facilitare l’incontro su opportunità specifiche, condividere visioni e prospettive su riqualificazioni di aree, su nuova regolamentazione di alcuni aspetti del commercio, per esempio, e quindi co-progettare.  Stiamo parlando di aspetti molto concreti. Poi c’è un tema più di prospettiva. E lì dobbiamo seminare una visione per la quale si diano ad esempio le pari opportunità a tutti e tutte. Il fatto che questa amministrazione abbia trascorso 24 ore di fila per cercare risorse per il sostegno a 60 ragazzi disabili, che entrano oggi nelle scuole, perché l’anno scorso non c’erano e quest’anno ci sono, è un elemento che ti consente di far raccontare la società per come è fatta veramente, ovvero da persone diverse che hanno capacità e possibilità diverse ma in cui tutti devono avere le loro possibilità e nessuno deve essere lasciato indietro. E quindi è un segnale che dai a tutti i bambini, tutti hanno le loro possibilità, devono avere la loro possibilità, devono credere nei propri talenti che possono essere anche imprenditoriali. Pensiamo poi all’importanza dell’imprenditore sociale, un soggetto fondamentale per lo sviluppo economico. Sono loro che molto spesso riescono a mettere in pratica attraverso i bandi, risorse e competenze dove altri non riescono, dove a volte non riesce il pubblico. Quindi è un discorso molto ampio e dico anche un’altra cosa. Mentre stavamo facendo il Consiglio Comunale in piazza del Bacio, riflettevo:  e se ora piove? E se salta un  microfono? E se va via la corrente? Insomma, ci siamo esposti a dei rischi, a delle critiche. Ma è giusto così. Nel senso che tu fai una cosa che ha un valore simbolico, un’Amministrazione che si assume dei rischi, che si espone a delle critiche ha il suo significato… quanto sarebbe stato più facile fare la stessa cosa nella sala del Consiglio Comunale? Stai là, esponi le tue linee guida e così finiva. Invece, anche questo è un segnale,  ci si deve prendere dei rischi. Le cose in cui credi le devi fare anche se c’è un rischio.  Il ragazzo che è uscito dalla palestra di piazza del Bacio non avrebbe mai assistito alle linee guida programmatiche della Sindaca a Palazzo dei Priori. Invece passa con lo zaino… ed ho visto qualcuno che si fermava a sentire, ascoltava. E questo è successo perché io, noi ci siamo presi un rischio. Ecco, è un segnale che arriva da una Sindaca giovane, caparbia, competente e allo stesso tempo, sorridente. Dare un messaggio positivo incute forza in un territorio, nella comunità: ce la possiamo fare! Adesso ci vuole una Amministrazione che non si occupi solo dell’ordinario, deve fare anche gesti politici, ideali e soprattutto dare fiducia. Serve un’azione di amministrazione che incoraggi. Uno che deve fare un’impresa ha bisogno anche di credere in qualcosa di grande, perché poi i sogni son fatti per darti una direzione, devo andare là. 

Questa storia continua… con la parte 2

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