L’esplosione è stata grande. Ed ha travolto un settore, quello edile, impantanato prima in una crisi strisciante e poi nell’inedia indotta dal Covid. Il Superbonus, con la sua aliquota al 110%, ha cambiato le regole del gioco in questo mercato ed i miliardi che vi sono piovuti sopra hanno rimesso in movimento pezzi importanti dell’economia italiana. Un percorso che, tuttavia, non è stato indolore. Ma non è qui che parleremo di gioie e disgrazie del Superbonus. Non è qui che vogliamo mettere sulla bilancia le ricadute in termini ambientali e occupazionali di questa misura o ragionare sulla sostenibilità (o meno) per il sistema Italia dei 123 miliardi che serve stanziare per coprire le detrazioni maturate per lavori conclusi (il dato, a maggio 2024, è quello pubblicato online dal MASE, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Dall’inizio del 2024 le cose sono cambiate, intanto con la discesa al 70% dell’aliquota della detrazione che agevola i lavori Superbonus, poi, a seguito dell’approvazione della Legge 67/2024, con il blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito e con la rateizzazione obbligatoria in 10 anni delle detrazioni fiscali.
Il mondo dell’edilizia è entrato, a grandi passi, nell’era del post 110. E con esso c’è entrato anche il settore delle rivendite di materiale edile. Un settore che ha conosciuto negli ultimi tre anni fatturati importanti proprio grazie al Superbonus e che oggi deve rimettersi in discussione. Già, perché dopo l’euforia serve capire quale indirizzo dare alla nuova normalità che si apre davanti. Ed è un tema che, seppur con forme e impatti diversi, tocca la maggior parte degli oltre 11mila distributori edili in Italia, un mercato estremamente frammentato per lo più costituito da piccole aziende.
Cosa può fare un’azienda incentrata sulla rivendita di materiale edile pesante che vede calare in modo rilevante il proprio fatturato? Può, anzi, deve diversificare. Quella dell’ampliamento orizzontale delle tipologie di prodotti venduti è una strategia che stanno intraprendendo molti rivenditori edili e che certamente può mitigare il dato negativo che si registra su alcune tipologie di materiali. E in cosa consiste questa diversificazione di prodotti? Se la vendita di materiale edile pesante subisce una contrazione andiamo ad inserire, o potenziare, la vendita di materiale edile leggero, come cartongesso, pitture e attrezzature collegate. E perché non puntare sugli infissi, sull’arredo bagno, sull’illuminazione? Il trend 2024 pare evidenziare che il segno meno sui materiali edili lo si possa compensare con un bel segno più su infissi, ceramiche e arredamento.
Dunque, può essere una buona ricetta, per la piccola impresa di rivendita, espandere l’orizzonte dei prodotti venduti nell’ambito della filiera edile? Sì, a patto che lo si faccia con un approccio strategico e innovativo. Aggiungere prodotti tanto per allungare il percorso di uno showroom può voler dire andare a competere in mercati dove ci sono professionisti agguerriti. Penso all’ambito dei prodotti per l’illuminazione, piuttosto che a quello delle pitture e del cartongesso. L’integrazione di nuovi prodotti può avere successo solo rivedendo il proprio modello di business. È fondamentale puntare sulla formazione dei propri venditori al fine di renderli in grado di offrire una consulenza di altissima qualità. In tal modo la componente prezzo avrà un peso inferiore in fase di scelta da parte del cliente. Quindi, mettere insieme consulenza, prodotto e strategie di marketing di up-selling e cross-selling può rivelarsi la ricetta vincente.
Ampliare e diversificare i prodotti venduti, per quanto utile, non è l’unico modo con cui un rivenditore edile può contrastare le fibrillazioni del post 110. Di altre strade e soluzioni ne parleremo in un prossimo contributo.
Alfredo Piergallini
Imprenditore settore edile
alfredo@piergallini.eu