Ruben Della Rocca
E’triste sapere che la TRECCANI ,enciclopedia italiana per eccellenza, abbia scelto la parola FEMMINICIDIO come simbolo del 2023. È un segno dei tempi molto preoccupante e doloroso. FEMMINICIDIO è quindi il sostantivo dell’anno passato. Un anno che ha visto nel nostro paese 120 donne essere uccise da uomini, in quanto donne.
Ed il 2024 non si presenta sotto i migliori auspici, visto l’ultimo caso, quello della vigilessa di Alzano Emilia Sonia Stefani, uccisa dal suo ex collega ed amante. È una storia drammatica e controversa per il nostro paese quella della VIOLENZA di genere, in particolare sulle donne, figlia di un retaggio che ci ha portato solamente da pochissimi decenni a voler affrontare anche legalmente le disparità tra sessi. Abbiamo dovuto aspettare il 1981 perché la ridicola legge del delitto d’onore fosse eliminata. Allo stesso tempo si è dovuto
attendere il 1996 perché lo stupro non fosse più definito un reato contro la morale ma per quello che è, un gravissimo reato contro la persona. Con l’inizio del nuovo millennio, nel 2011 si è firmata una carta, la Convenzione di Istanbul che fosse di contrasto al reato di violenza sessuale e domestica nelle nazioni 45 europee che
vi aderirono e che vide l’Italia adottarla nel 2013.
Non desta sorpresa sapere che la Turchia, paese che da ospitante fu il primo a ratificare il trattato, ne ha firmato anche la revoca alla partecipazione alla convenzione con un decreto firmato dal suo premier Erdogan nel 2023.
Nel nostro paese la Carta di Trieste, codice etico e deontologico invece dovrebbe garantire il trattamento
particolare da parte dei media nell’uso delle terminologie da adottare nel veicolare notizie su temi sensibili dove entrano in gioco il rispetto delle persone vittime di violenze, fisiche e psicologiche.
Nonostante questo, a dispetto del documento, quante volte siamo costretti a leggere di uomini “ossessionati” dalla gelosia (come fosse la donna responsabile dello stato d’animo del compagno) oppure colti da “raptus”(quindi momentaneamente incapaci di intendere e di volere) ma che poi, passato l’attimo di
rabbia, tornano normali di incanto.
Per non parlare poi delle “baby squillo” o delle “baby escort”, molto spesso citate a sproposito come fossero adulte consapevoli e mentalmente consenzienti e non ragazzine, poco più che bambine, circuite da menti malate e perverse.
Sono solo esempi di come l’uso dei termini e l’adozione di forme di linguaggio assolutorie o giusticazioniste rendano fuorviante la fruizione della notizia.
Serve un rapido cambiamento culturale ed educazionale ,ad ogni livello perché senza di questo dispositivi giuridici, carte e convenzioni rimarranno strumenti effimeri che non serviranno a prevenire i reati contro le persone.