Cosa dobbiamo aspettarci dal 2025, positività o insidie, gioie o dolori, sorrisi o mugugni? Risulta arduo tentare di prevedere il futuro, ma in questo caso l’anno appena concluso, il vituperato 2024, ci fornisce indicazioni nette seppure non sempre liete, comunque capaci di indirizzarci verso una prospettiva meno nebulosa. Proviamo a scandagliare i giorni e le settimane che verranno, utilizzando alcune parole-chiave. Un paio, non di più.
– INSTABILITA’ Oltre l’incertezza sociale dovuta alle (troppe) guerre tuttora attive nel mondo, c’è un evento più di altri che contribuisce a minare alcune certezze precedentemente acquisite: la presenza, a capo della più grande potenza economica e militare del mondo, di un uomo come Donald Trump. No, non stiamo facendo politica, ci limitiamo a prendere atto delle prime sue dichiarazioni da presidente eletto degli Usa: da un lato la volontà di ‘costringere’ alla pace la Russia e l’Ucraina, circostanza altamente positiva, dall’altro l’intenzione di dare battaglia al mondo sul piano economico con l’introduzione di dazi e più in generale di una politica delle merci e dei prodotti tesa ad accrescere la rilevanza degli Stati Uniti a danno delle altre nazioni, alleate o meno. Trump è indubbiamente, per il suo ruolo effettivo e per ciò che rappresenta sul piano dell’immaginario collettivo, l’unica personalità politica in grado di portare le parti belligeranti, perfino quelle del devastato Medio Oriente, al tavolo delle trattative, e il suo tentativo sarà serio e avrà certamente possibilità di successo. Tuttavia proprio in ragione di ciò, nonché a fronte dell’evidente politica del doppio binario che la nuova America si appresta a perseguire, il dato di incertezza complessiva permane e anzi si fa più evidente: la visione di un mondo pacificato ma controllato economicamente da una sola entità, appunto il sistema immaginato dal nuovo vertice degli States, cozza non poco con le ambizioni della Cina, della stessa Russia e di un’Europa che ha proprio nei mercati l’unico terreno di confronto con gli altri stati. Che nell’assetto attuale del mondo la pace militare non sia più un valore assoluto, in ragione della crescente rilevanza del dato economico, ce lo dicono i livelli valoriali dei mercati finanziari, i quali continuano imperterriti a progredire nonostante le tensioni belliche presenti in ogni angolo del globo. Conclusione: il pianeta Terra si mostra più che mai instabile perché sembrano essere venute meno le regole di ingaggio tradizionali, quelle conosciute e applicate dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. In effetti i combattimenti che attualmente vanno in scena sui campi di battaglia, con missili, morti e feriti, non sono più il maggiore pericolo immediato per le collettività mondiali. Ciò a dispetto dello sbandierato rischio nucleare, divenuto però più politico che effettivo, seppure come tale non meno pernicioso. La guerra ‘moderna’ è condotta perlopiù a colpi di bilanci, indossa colletti bianchi e dunque si nasconde dietro l’angolo di ogni orizzonte scrutabile. E tutto ciò, inevitabilmente, produce disequilibrio e dunque instabilità, peraltro accresciuta in un contesto nel quale fino a un lustro fa era proprio la pacificazione tra nazioni, il semplice e per certi versi banale ‘tacer delle armi’, a costituire il traguardo di ogni politica statuale definibile come illuminata. Aspettiamoci sorprese, anche clamorose. Sarà un 2025 che sul piano internazionale ci stupirà, fino a sconvolgere alleanze consolidate, e mai come quest’anno termini come economia e strategia andranno insieme, mai come quest’anno niente sarà come sembra, mai come quest’anno varranno regole non scritte. Le premesse sono di queste ultime ore: si profilano infatti aumenti di metano ed energia elettrica dell’ordine del 30 per cento in ragione della scadenza, con tanto di mancato rinnovo, del contratto di transito del gas russo, attraverso l’Ucraina, verso l’Europa. Appare quasi scontato dover parlare di recessione. E se non è guerra questa…
– OPPORTUNITA’ Negli anni Settanta del Novecento in Europa la crisi del petrolio costrinse gli stati all’austerity e di fatto, quasi per contrappasso, ne rilanciò il peso economico mediante rinnovate politiche energetiche e di contenimento della spesa globale. Come attualizzare quel precedente? Valutandolo come un insegnamento collettivo: dagli squilibri scaturiscono nuove possibilità. Lo sviluppo cammina da sempre al fianco dell’arretramento, tanto più in un contesto fluido e incerto come il nostro presente. Ecco dunque che il mare dell’indefinito sociale, nel quale navighiamo tempestosamente ogni giorno, spinge a riva l’Intelligenza Artificiale, regalandocene l’impiego avanzato e dimostrandoci che le guerre combattute sui campi di battaglia tradizionali non solo non frenano lo sviluppo tecnologico ma anzi contribuiscono a sostenerlo, incrementandolo per scopi militari e non. Si tratta di una constatazione insieme drammatica e lusinghiera. Ogni strumento, infatti, dalla clava alla polvere da sparo, possiede una doppia valenza e tale duplicità radicalmente opposta è governata dalle mani e dalla coscienza dell’uomo. Diversamente dai padri, limitati dal dato geografico e dai ristretti ambiti delle sovranità nazionali, i nostri figli hanno come mercato il mondo intero e all’interno di esso possono spendere conoscenze tecnologiche in costante evoluzione. Le imprese che essi avvieranno potranno contare su prodotti di straordinaria precisione realizzati grazie ad ambiti operativi un tempo sconosciuti. Abbiamo visto, noi italiani più di altri, aziende nascere a pane e mortadella nei garage e poi scalare, stagione dopo stagione, le vette economiche del mondo grazie all’ardimento temerario dei propri fondatori. Probabilmente nel corso del 2025 non assisteremo più a nulla di tutto ciò, però da quell’esperienza, dallo sguardo visionario di padri e nonni, i loro figli e nipoti sono adesso chiamati a prendere il meglio. E il meglio si chiama slancio creativo, da incanalare lungo la strada della ricerca tecnologica. Nell’incertezza avremo certezze: già quest’anno i ragazzi più svegli si confronteranno da un capo all’altro del pianeta, riconosceranno e scambieranno i propri talenti, cresceranno nell’intesa e nel rapporto, saranno finalmente imprenditori globali. E l’Italia giocherà in un simile contesto un ruolo rilevante, potendo far valere, accanto a quella Artificiale, il peso dell’Intelligenza Naturale dei giovani italiani più preparati e talentuosi.
COSA VEDRANNO I NOSTRI OCCHI? Nel 2025 daremo un calcio alle abitudini. Saremo costretti a farlo, poiché il mondo cambierà così rapidamente che ogni nostro sforzo dovrà essere orientato a cogliere le dinamiche del nuovo. Non avremo lavoro garantito, dovremo conquistarcelo di volta in volta, evitando consuetudini e rendite di posizione. Saremo noi stessi il nostro obiettivo. Avanzeranno impetuosamente le donne e sarà un bene per la società italiana: già oggi registriamo il boom delle imprese al femminile, ambito nel quale in Europa siamo quelli che crescono di più. Divamperà l’imprenditoria tecnologica, esploderà al meglio quella legata alla sanità, il design italiano conquisterà nuovi mercati. L’incremento del turismo fatto registrare dalla nostra nazione richiederà l’apporto professionale di cuochi, camerieri e addetti agli hotel, solo che dovremo pagarli di più, così come siamo chiamati ad attuare una politica delle retribuzioni di operai e quadri ben diversa da quella praticata finora, pena l’implosione dell’industria. Stiamo svecchiando le professioni, ed è cosa buona e giusta, ma guai a perdere il contatto con l’esperienza di chi in certi settori ha già saputo agire con successo: la scuola italiana ha un compito precipuo, quello di insegnare il lavoro, collegando gli studenti con i settori imprenditoriali più dinamici. Dovremo conquistarci ogni giorno il nostro posto nel mondo ma abbiamo praterie sconfinate sulle quali far galoppare le nostre gambe forti e coraggiose. Già, perché gli ambiti economici da rilanciare sono tanti e attendono l’apporto dei nostri giovani più preparati. Un esempio? Il comparto automobilistico, al quale soltanto gli italiani, per conoscenze e talenti pregressi, potranno imprimere a livello mondiale la ripresa tanto invocata.
L’AUSPICIO Ho recentemente trascorso alcune giornate a Napoli, incontrando una città splendida, pulita, ricca di iniziative, con i musei aperti e la gente sorridente e disponibile. Ero del tutto prevenuto, incarnando la tipica mentalità dell’italiano medio, cioè di colui che ritiene di potersi fare un’opinione su tutto e su tutti in base ai precedenti o alle cronache giornalistiche. Certo, si tratta di una città in cui sono evidenti i segni della crisi, dove si scorgono profili di povertà ed emarginazione. Ma a risaltare sono soprattutto le dinamiche di reazione alle avversità e, insieme, l’ansia di rilancio. Napoli appare come una realtà collettiva che non solo ‘tiene botta’ alla grande ma che, addirittura, sembra possedere le caratteristiche necessarie alla piena ripresa, con le sue mille e mille botteghe, il frenetico movimento dei suoi abitanti, i mezzi per pulire le strade dai resti del Capodanno che ho visto all’opera in piena notte, tanti giovani dietro i banconi degli esercizi commerciali e il gusto della trattativa su tutto, dal pagamento del parcheggio all’acquisto della bibita nei banchetti di strada. E allora auguriamoci per il 2025 di poter essere un po’ napoletani in questo senso, reagendo all’evidente ripiegarsi del mondo con la nostra forza di italiani schietti e creativi, avviando una serrata trattativa con la crisi per strappare al peggio – quel peggio che qualcuno vorrebbe imporci – un prezzo inferiore.
Roberto Conticelli
ha lavorato per la Nazione di Firenze in Umbria e in Toscana ed è stato presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria. Insegna alla Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia ed ha conseguito riconoscimenti giornalistici di carattere nazionale