Finalmente nel mondo delle università italiane qualcosa si muove.
Siamo alla stretta finale riguardo i celeberrimi e invisi alla maggioranza degli studenti quiz di ingresso alla facoltà di MEDICINA e alle altre facoltà di carattere sanitario.
Per la loro insensatezza ed estraneità alle materie del corso di laurea che i candidati andranno ad affrontare è sicuramente un passo avanti la loro abolizione.
Come spiegato dal senatore Franco Zini, relatore della legge delega che avvia il percorso per l’abolizione dei test di ingresso al corso di laurea di medicina, il cambiamento entrerà in vigore nell’anno accademico 2025/2026.
Questo non cambierà il numero degli studenti che avranno modo di iniziare il percorso per diventare dottori, ma cambierà il criterio di valutazione con il quale verranno scelti.
Nel corso di un semestre le matricole dovranno sostenere, probabilmente ,quattro esami e con essi potranno ottenere i crediti per essere ammessi alla facoltà di medicina.
Per chi non avrà raggiunto risultati soddisfacenti, comunque, quei quattro esami verranno convalidati, nel caso in cui gli studenti volessero affrontare un altro percorso dedicato a facoltà biomediche, oppure potranno attendere l’anno successivo per provare a entrare di nuovo a medicina. Per ovviare alla mancanza di strutture che accolgano un numero importante di aspiranti futuri dottori si ricorrerà alla formazione da remoto e questo avverrà solamente durante il primo semestre.
Sarà un tutor a seguire il percorso e ad aiutare i ragazzi a sostenere l’esame, che non sarà più su materie e argomenti astrusi alla medicina ma avrà con essa delle connessioni.
E’questo un grande risultato soprattutto, pensando alla inadeguatezza dei precedenti quiz, che non avevano nulla di formativo e valoriale nella loro formulazione.
L’auspicio è che questo passo avanti, fatto abolendo il precedente metodo di ingresso, abbia un seguito, non solo per quanto riguarda l’avvio degli studi alle facoltà sanitarie, ma che anche per le fasi successive post laurea e che si applichino criteri congrui per i nostri RICERCATORI e specializzandi, affinché non siano più costretti dalle contingenze negative a lasciare il nostro paese.
Nell’ultima ricerca datata 2021 il numero di ricercatori italiani che esercitavano all’estero erano 33.000, metà dei quali negli Stati Uniti. Numeri che sono da considerarsi ancora attuali e che rappresentano la più grande emergenza per il nostro sistema universitario e sanitario. Se è vero che questo comporta un arricchimento nella formazione, umana e professionale, è altrettanto vero che il dato è preoccupante.
La sfida da raccogliere per evitare questa “fuga dei CERVELLI” è questa per il nostro paese ed evitare una emorragia del genere che impoverisce il patrimonio di risorse umane dell’Italia. Dobbiamo mettere i nostri giovani più brillanti nelle condizioni di poter crescere e progredire rimanendo a casa o tornandoci dopo aver acquisito le esperienze necessarie.
Questo è l’auspicio.